Archivio Prog

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U.K. Uovo di Colombo Dežo Ursiny

 

 

  U.K.   - Supergruppo inglese che sul finire dei Settanta prova a rinverdire i fasti del progressive classico. L'ideatore del progetto è Bill Bruford, batterista già con Yes e King Crimson, ma con lui suonano altri veterani come John Wetton (voce, basso), Eddie Jobson (tastiere e violino), e il chitarrista Allan Holdsworth: un quartetto stellare che suscita grande interesse e aspettative. Il disco d'esordio, pubblicato nel 1978, è intitolato semplicemente "U.K."(): otto episodi suonati con bella verve da musicisti navigati, ma tutt'altro che stanchi. "In the dead of night", che apre il disco, è un concentrato sapiente del suono-UK: ritmica incalzante e ottimi riff di chitarra, con le tastiere lussureggianti di Jobson in bella evidenza, come nella ripresa del tema ("Presto vivace e ripresa"). Tastiere elettroniche e chitarra solista sono al centro della sequenza "Alaska/Time to kill", prima rarefatta e poi articolata in una serie di variazioni in stile fusion: il secondo brano fluisce dinamico fino a quando entra il virtuoso violino di Jobson a rendere più intrigante l'atmosfera. Brillanti anche "Nevermore", bilanciata tra suoni sintetici e momenti di grazia melodica garantiti dalla bella voce di Wetton, e il finale di "Mental medication", dove basso e batteria salgono in cattedra insieme alle tastiere. Subito dopo la band si scinde in due tronconi: Bruford e Holdsworth formano i Bruford con altri elementi, mentre Jobson e Wetton tirano dritto con il marchio UK, chiamando Terry Bozzio alla batteria e rinunciando alla chitarra. Il risultato è un altro disco discreto, come "Danger Money" (1979), che fin dall'iniziale title-track sfodera un piglio diverso, quasi "vintage" a tratti, specie per l'organo di Jobson, protagonista decisivo. Eccellente in "The only thing she needs" il lavoro ritmico di Bozzio e Wetton, che incornicia gli spunti dell'organo. Molto romantica è "Rendez-vous", dominata dal pianoforte e da limpide parti vocali, e di sicuro effetto "Caesar's palace blues", con Jobson scatenato al violino. La lunga coda di "Carrying no cross" è la vera sorpresa: introdotta dal canto malinconico di Wetton, prende corpo progressivamente sull'organo e il piano di Jobson, che dimostra in un sol colpo qualità tecnica ed estro sopraffino, ben assecondato dal duo ritmico. Dopo il live "Night After Night" (ancora 1979), il trio si sfalda. Wetton vivrà negli anni Ottanta una fortunata avventura con gli Asia.

"U.K."

  Uovo di Colombo   - Nata in qualche modo sulle ceneri dei Fholks, gruppo nel quale esordirono sia Enzo Volpini che Ruggero Stefani, l'Uovo di Colombo è una formazione romana che si segnala come open-act dei Deep Purple nel tour italiano del 1973, e lo stesso anno realizza il solo album omonimo, passato piuttosto inosservato, ma niente affatto disprezzabile. Il quartetto (batteria, basso/chitarra, tastiere/chitarra e voce solista) rimane uno dei più tipici esempi del prog italiano classico, e si colloca a pieno titolo nella grande famiglia del rock sinfonico e classicheggiante: nella formula compositiva abbondano infatti le tastiere di Enzo Volpini, impegnato soprattutto all'organo e al synth, che sviluppano temi ariosi sui quali interviene la buona voce solista di Toni Gionta, vigorosa e drammatica quanto serve. Tra i momenti più significativi, in quest'ottica, va citato soprattutto un pezzo come "Consiglio", con liriche a sfondo religioso che tornano anche in "Io" e "Vox dei", musicalmente però meno efficaci. In linea generale il disco è ben suonato e ha pure una sua vena melodica non trascurabile, anche se non può definirsi totalmente risolto: alterna infatti spunti strumentali molto vivaci, articolati a dovere, come "L'indecisione" in apertura o il brioso strumentale "Turba", dominato dalla chitarra elettrica, ad altri episodi fin troppo enfatici: ad esempio "Anja". Dato comunque il discreto livello tecnico dei singoli componenti, la sequenza rimane sempre di piacevole ascolto, guadagnandosi anzi nel tempo una buona reputazione tra gli appassionati. A parte il ruolo dominante delle tastiere, è pure di grande rilievo nei passaggi più serrati di "Visione della morte" l'apporto creativo al basso di Elio Volpini (fratello di Enzo), il quale aveva fatto parte in precedenza dei Flea, e una volta sciolto il nuovo sodalizio entra negli Etna, ennesima incarnazione di quel gruppo. A sua volta, il batterista Stefani farà parte del supergruppo Samadhi. Curiosa anche la parabola del cantante Toni Gionta Tartarini: nel 1974 è la voce solista nel primo disco dei Cherry Five, a lungo dimenticato, e negli anni Ottanta è membro degli Stradaperta, prima di cantare nuovamente nel secondo album della band pre-Goblin, uscito quasi quarant'anni dopo l'esordio. Le ristampe in CD sono a cura di Vinyl Magic e Mellow Records.

"L'Uovo di Colombo"

  Dežo Ursiny   - Importante figura della scena slovacca, e originario di Bratislava, il chitarrista e cantante Dežo Ursiny (1947-1995) ha inciso diversi dischi, ma è stato pure regista e sceneggiatore. Negli anni Sessanta milita in gruppi come The Beatmen e The Soulmen, prima dell'invasione sovietica del 1968 che scompagina le cose, finché nel 1970 forma i Provisorium insieme al tastierista Jaroslav Filip. Nel 1973 viene realizzato l'album "Provisorium", che ha problemi di censura e passa quasi inosservato. Si tratta comunque di un buon disco, soprattutto per la lunga "Christmas Time": venti minuti di corposo prog sinfonico, cantato in inglese e scandito a dovere dalle tastiere, con vibranti breaks che esaltano la chitarra elettrica di Ursiny, in un pregevole impasto, vario e drammatico insieme. Notevole il lavoro di Filip tra organo e pianoforte, ben sostenuto anche dal bassista Vladimír Kulhánek, membro del gruppo Flamengo come pure il batterista Jaroslav Sedivý. I restanti tre brani confermano la qualità strumentale del gruppo e del leader come interprete, sia pure con riferimenti più marcati al pop inglese: ad esempio "Apple Tree in Winter", quasi un blues con piano e flauto in evidenza, o il rock più tirato della finale "I Have Found", con la chitarra solista del leader sugli scudi insieme al piano mordente di Filip. Rifugiatosi in un ospedale psichiatrico per sfuggire al servizio militare, il musicista inaugura quindi un felice sodalizio artistico col noto poeta Ivan Štrpka. Nel 1978 è pubblicato "Pevnina detstva" (cioè "continente dell'infanzia"), interamente cantato in lingua slovacca e basato appunto sulle liriche di Štrpka, mentre il leader rinuncia stavolta alla chitarra solista, entrando nel suo periodo più maturo. Nelle cinque tracce l'album mostra infatti uno stile originalissimo, con fascinose atmosfere sempre in bilico tra poesia e oscurità. Soprattutto la lunga "Ostrov", pezzo forte della sequenza, si dipana in straordinario equilibrio tra intensi momenti lirici e cambi di tempo sul pianoforte e il basso di Anton Jaro (del gruppo Fermáta), con archi e fiati spesso protagonisti di questo mobile spartito di art rock che combina jazz e avanguardia. La dimensione magica dell'infanzia, coi suoi chiaroscuri, si respira in "Privretými očami" ("con gli occhi chiusi"), sorretta dal flauto, dagli archi e dal basso, mentre il canto solista di Ursiny è duttile e sensibile al punto giusto. Una possente sezioni fiati caratterizza quindi la bella chiusura di "Jedného dňa", sviluppata sul piano Fender e un fitto reticolo di percussioni, ancora tra incisivi breaks e il canto solista molto ispirato nello splendido finale. Fitto di motivi che si rincorrono tra pause e riprese, l'album è un autentico capolavoro. Il sodalizio con Ivan Štrpka prosegue in quasi tutti i dischi successivi, a cominciare da "Nové mapy ticha" ("nuove mappe del silenzio"), del 1979, realizzato insieme al gruppo Burčiak: si fanno notare la lunga "Domestic Flight", e poi "A na to myslím". Il successo però arriva con "Modrý vrch" ("collina azzurra"), pubblicato nel 1981 e senz'altro tra i migliori nella sua raffinata varietà stilistica, dal funky-jazz della title-track a pezzi più brevi e spesso struggenti: da "Lúka" a "Pod hladinou". L'intera opera di Dežo Ursiny, fino all'ultimo atto intitolato "Príbeh" (1994), merita sicuramente una generale riscoperta. Ristampe in CD a cura di Opus.

"Pevnina detstva"

"Privretými očami"